Come si riconosce un libro di successo?

Spesso dalla copertina, leggendo il nome dell’autore.

Ho la sensazione che il successo di “Io uccido” sia semplicemente questo.

Il libro non è brutto: si lascia senz’altro leggere.

Però soffre secondo me di alcuni difetti: in primis, è troppo lungo. Rispetto il contenuto, almeno. Poi lo stile narrativo non è originale né particolarmente raffinato, cosa che fa un po' pesare il primo aspetto, ci sono dei punti in cui l’autore sembra cincischiare con gli eventi senza procedere nella narrazione, quasi per creare un pathos che non c’è.

Non ci sono grossi colpi di scena, e tutto procede come ci si aspetta. La caccia ad uno spietato serial killer nella bellissima Costa Azzurra (che, guarda caso, ho visitato qualche anno fa ed ho avuto modo di restarne affascinato), con personaggi che potevano essere meglio caratterizzati e tutti, sorprendentemente, con qualche aspetto particolarissimo, quasi che, non avendo altro modo per renderli indimenticabili, Faletti abbia trovato l’astuzia di tratteggiarli con caratteristiche eccezionali, cosa di per sè non impossibile, se non per il fatto che sarebbe estremamente improbabile trovarli tutti quanti assieme in un gruppo ristretto di persone.

La narrazione ha però un certo ritmo, e una volta chiusi gli occhi a questi difetti, si legge fino in fondo, con passione ed interesse.

Probabilmente si tratta di un’opera di un autore ancora immaturo, promettente, solo infastidisce l’aura da “caso letterario” che gli è stata attribuita: di certo se non fosse stato scritto in copertina “Giorgio Faletti”  ma “Luigi Brambilla”, tutto questo gran successo non l’avrebbe avuto.