ti-prendo-e-ti-porto-via Ieri stavo guardando un film con mia moglie, in cui ad un certo punto c’è una vedova al cimitero, il giorno di Natale, e viene avvicinata da un signore sconosciuto, anziano, con la folta barba, che le confida delle parole che sanno molto di segreto della vita.

Ho sbottato: “Se fosse nella vita reale, probabilmente lei sarebbe fuggita, o lui invece di mormorarle il segreto della vita, l’avrebbe bastonata, derubata o peggio…”

Si sa, la vita non è quella dei romanzi o dei film.

Leggendo Ammaniti si ha la sensazione opposta.

Tutto il contenuto di questo libro è squallore. I personaggi sono squallidi, i luoghi sono squallidi, le situazioni sono squallide, le conseguenze sono sempre squallide. Di ogni situazione ti puoi aspettare solo quello che, normalmente, accade. Se in un film o un romanzetto leggero ad un’azione c’è sempre una soluzione inaspettata, in questo romanzo è l’esatto contrario. E' scontato, nella vita reale, e per questo abbastanza inaspettato e, soprattutto, squallido.

“Ti prendo e ti porto via” è un romanzo che parla di squallore, della vita in una squallida provincia affacciata sulla Via Aurelia, vissuta da personaggi che sono tutti, immancabilmente, squallidi.

Il romanzo racconta la vita di alcuni persone assolutamente normali (per la squallida provincia), che, se vuoi, facciamo fatica ad identificare come normali, ma se ci guardiamo attorno, risultano assolutamente e squallidamente normali. Persone che non hanno aspirazioni, non hanno passato né speranza di un futuro migliore.

L’asse centrale del romanzo è la bocciatura di Pietro, un ragazzino di 12 anni. Attorno a lui ruotano una serie di vicende “normali” e in quanto tali assolutamente prive di interesse.

Ho letto che in questo romanzo non c’è “lieto fine”. Non credo sia così.

Il lieto fine è proprio anticipato dal titolo del romanzo. Il lieto fine in questo caso non è il classico “e vissero tutti felici e contenti”, ma solo nella speranza di un futuro diverso, al di fuori dello squallore imperante, e possibile solo attraverso la propria autodistruzione, risorgendo dalle proprie ceneri come la mitica fenice.

Devo dire che il romanzo mi è piaciuto, è un romanzo che non può piacere prima di averlo finito ed averci riflettuto sopra un po'.