More about Universo incostante  Quello che contraddistingue la fantascienza da altri generi fantastici (Horror, Fantasy e quant’altro) è l’assoluta e rigorosa verosimiglianza dell’ambientazione e delle vicende ottenuta attraverso la coerenza del narrato con le nozioni della scienza e del mondo nel momento della narrazione.

Tale coerenza è requisito essenziale, più che la tematica. Non è importante che la storia narrata tocchi un particolare tema o abbia una particolare ambientazione, a differenza di molti altri generi e sottogeneri, come il fantasy, ad esempio. Una storia di fantascienza può benissimo essere ambientata nel passato, o parlare di razze non umane, o di aspetti sociologici dell’umanità di oggi; purché però tutto ciò che accade sia coerente con le leggi della scienza ad oggi note, oppure con quella che potrebbero essere le leggi della scienza di domani. Il più frainteso dei sottogeneri della sci-fi, cioè lo steampunk, è un esempio di questo principio, spesso infatti è ambientato in un passato in cui la tecnologia ha avuto uno sviluppo centrato sulla meccanica più che sull’elettronica.

Le tematiche, per questo, possono essere le più diverse: dalla più classica dei viaggi interstellari o delle invasioni extraterrestri, fino a temi più vicini al fantasy, si condividendone spesso un confine davvero flebile.

Questa lunga premessa per introdurre quello che a mio avviso è il romanzo di fantascienza che nella mia personale esperienza più di tutti racchiude questi aspetti in un’unica opera.

L’ambientazione de “L’universo incostante”  nasce da un’idea di fisica ampliata rispetto alle nostre attuali conoscenze: la velocità della luce è un limite non costante e dipendente dalla quantità di materia, per cui l’universo risulta diviso in zone caratterizzate dalla possibilità o meno dei viaggi interstellari. La naturale conseguenze è che ogni zona abbia sviluppato una diversa velocità di crescita delle civiltà, rendendo le zone “veloci” molto avanzate tecnologicamente e molto densamente popolate, e quelle lente, tra cui la nostra, più arretrate.

L’universo così descritto è pertanto un’agora di civiltà vivaci e sorprendenti, popolato da speci aliene (l’umanità è un’assoluta minoranza, praticamente insignificante) che nascono, crescono, trascendono ma spesso si spengono ad una velocità sorprendente.

Tale assieme è minacciato però da un misterioso essere senziente, un’aberrazione, un ente trascendente in grado di infettare e distruggere con impressionante velocità le civiltà con cui viene in contatto.

Esiste tuttavia un qualcosa il grado di fermarlo, su un’astronave che precipitata su un mondo abitato da una civiltà costituita da animali di razza canina, ferma ad uno stato medievale, che fino ad allora ignorava anche l’esistenza di razze extraterrestri.

L’universo incostante” è forse uno dei libri più belli che io personalmente abbia mai letto. Molte infatti sono le peculiarità di questa storia, a cominciare da un’ambientazione unica e da una descrizione davvero sorprendente di quello che potrebbe essere in un lontano futuro un’agora popolata da milioni di razze intelligenti; per come l’autore è stato in grado di conciliare due contesti narrativi tanto diversi come due filoni ambientati in un mondo super tecnologico ed un mondo fiabesco, quasi alla Disney, fermo ad uno stato di evoluzione tardo medioevale; per come ha saputo togliere lo scettro di protagonista alla razza umana, che se pur rappresentata dal personaggio principale della vicenda, costituisce un aspetto del tutto marginale della vicenda e del contesto, posizione in contrasto con quasi tutti i romanzi del filone “mainstream” che riservano ad essa invece il ruolo più importante; ed infine per come ha saputo descrivere in modo efficace quello che secondo i più accreditati futurologi sarà l’evoluzione dell’intelligenza umana, in grado di trasferire l’autocoscienza in entità sempre più grandi e sempre più potenti.

Insomma, credo che “L’universo Incostante” rappresenti uno dei vertici della fantascienza, in grado non solo di raccontarci una storia nel cui fascino perderci, ma anche di fornirci tanti tanti spunti di riflessione sul nostro destino e sul nostro ruolo nell’universo.